lunedì 8 settembre 2014

Le indagini di Mr. e Mrs. Darcy




Lo so, di Jane Austen si parla in abbondanza in ogni blog scritto da ragazze romantiche in età da marito. No, scherzo sulla seconda parte della frase, perché il numero di ragazze e donne che ne parlano è notevolmente superiore e non tutte sono romantiche nel senso lato del termine.
Di Jane Austen si parla tanto, e questo per me non può che essere un bene.
Quale amante dei classici inglesi e di epoca vittoriana (o regency in questo caso), sguazzo felicemente negli articoli e nei post che la riguardano. 

Sono fan di numerosissime pagine su Facebook, conservo qualsiasi cosa che abbia a che fare con lei e questa mia passione ha contagiato anche le persone che mi circondano, tanto che qualsiasi iniziativa - che sia un film, un libro, una borsa o una stampa - porta inevitabilmente a citare il mio nome accompagnato da un sospiro che grossomodo può significare “l’abbiamo persa”.
Di Jane Austen, come citava un post scritto poco tempo fa da La leggivendola, non ne avrò mai abbastanza e sono totalmente d’accordo con questa affermazione.
Ho paura però che si stia esagerando un po’ troppo, a dire il vero.
Ogni motivo è buono per tirare fuori il nome di Jane Austen. E ora mi domando se tutto questo clamore mediatico sarebbe davvero piaciuto a zia Jane, come molti di noi la chiamano (io mi limito al confidenziale Jane, di quando in quando).
Non so perché, ma mi sono sempre fatta l’idea di una donna senza dubbio forte e ironica, ma non così estroversa ed emancipata come invece sembra dipingerla la società moderna.
Come al solito sto finendo fuori argomento, non è un approfondimento su Jane Austen, questo.
Di libri scritti su di lei, dopo di lei e per lei ce ne sono tantissimi e, dico la verità, non sono tutti valevoli e degni di nota.
Come fan accanita non mi sono fatta mancare mai nulla: Orgoglio e pregiudizio e zombie (per carità, Charlotte zombie proprio non si può sentire); la serie di Stephanie Barron, in cui è la stessa Jane Austen protagonista e detective della storia; Lost in Austen, libro gioco (ho sempre amato le storie a bivio: cosa succede se sbagli la tua scelta? La prima volta che ci ho provato sono stata sfregiata da una banda di zingari e sono rimasta zitella a vita: in poche parole ho perso clamorosamente) con l’omonima (ma per puro caso) serie tv (questa molto carina a dire il vero); Vecchi amici e nuovi amori di Sybil Brinton (amo la Jo March!) libro che ancora devo leggere, ma che mi ispira tanta fiducia; ho visto un milione di volte tutti i film, persino quelli più sconosciuti e naturalmente non mi sono persa una sola puntata dei period drama della BBC (corredati da dvd che custodisco gelosamente).

Poi ho iniziato e (da poco) finito la serie di Carrie Bebris, le indagini di Mr. e Mrs. Darcy, affrontate ripercorrendo i sei romanzi principali della Austen.
Come già scrissi alcuni mesi fa, sono una persona che a volte acquista per inerzia, quindi dopo aver comprato il primo libro della serie “Orgoglio e preveggenza”, ho dato fondo ai miei risparmi per completare tutto il ciclo (in ordine sono: Sospetto e sentimento, Le ombre di Pemberley, L’enigma di Mansfield Park, Intrigo a Highbury e Inganno e persuasione).
Bon, che dire?! Sono piuttosto combattuta; e siccome le classiche liste di “pro e contro” mi sono sempre piaciute, eccone una fresca fresca per voi:

Pro:

♦ Alcuni tra i sei romanzi li ho trovati carini e coinvolgenti. Letture piacevoli e molto leggere, che solitamente si fanno per spezzare un po’ il ritmo serrato causato da romanzi impegnativi o faticosi. Sono libri rassicuranti, che non necessitano di troppa concentrazione perché conosci già i personaggi, le ambientazioni e le regole che devono necessariamente vigere affinché tutto scorra liscio. A questo basta aggiungere un po’ di mistero, una morte improvvisa o degli strani fenomeni paranormali, per ottenere qualcosa di abbastanza gradevole;

♦ I personaggi. Ritrovare molti dei protagonisti dei romanzi austeniani è stato ciò che più mi ha conquistato. Tutto è già avvenuto: Elinor è sposata e ha dei figli; Emma e Mr Knightley sono convolati a nozze; Anne e il capitano Wentworth hanno affittato una casa a Lyme. Insomma, penso che chiunque abbia letto i libri della Austen, abbia provato ad immaginare come sarebbe stata la vita dei suoi protagonisti dopo il lieto fine. Possiamo dire che tutti i romanzi della Austen finiscono con il matrimonio; ma come sarà la vita di Katherine Morland, poi? Immaginarlo è un conto, vederlo scritto fa tutto un altro effetto. Anche se magari non è questo il punto focale della narrazione.

 
Contro

♦ Alcune volte, ho fatto veramente fatica a prendere in mano il libro di turno per portare a termine la lettura. Da fan accanita quale sono, per me, gli errori non sono concessi. In realtà quasi tutti i punti a sfavore per me sono legati al fatto che non si può giocare con così tanta leggerezza con delle pietre miliari del passato. Spesso mi sono ritrovata a leggere i dialoghi, dimenticandomi di essere agli inizi dell’Ottocento. Il linguaggio, anche se impreziosito da qualche parola ormai desueta - che fa molto stile aulico - è veramente troppo colloquiale per risultare credibile e in altri casi risulta un po’ forzato; 
 
♦ La risoluzione del mistero è spesso molto semplice, anche perché, volenti o nolenti sono i nuovi personaggi ad essere sotto la lente d’ingrandimento del detective. Vi immaginate la remissiva Fanny Price, vestita in calzamaglia, mentre pugnala e morte Mary Crawford? (Non temete, non ho spoilerato nulla!). Insomma sarebbe davvero poco probabile, anche se l’effetto sorpresa risulterebbe di gran lunga più apprezzabile; 
 
♦ Infine ammetto che i coniugi Darcy sono veramente sfigati (giusto per stare in tema con il linguaggio). Ovunque vadano qualcuno muore, o sparisce, o viene rapito. Insomma, figlioli, fatevi qualche domanda: non è che siete voi a portare un po’ di sfortuna? 


A parte questo, anche se la lista dei contro vince per un punto, se siete delle/dei fan veramente sfegatati della Austen, allora questa serie di romanzi non può mancare nella vostra collezione.
È assolutamente naturale che non ci si debba aspettare di ritrovare la vera essenza di Jane Austen, quella è e rimane unica e inimitabile, ma in mancanza d’altro godiamoci ciò che il panorama letterario ci offre, non dimenticando mai che di Jane ce n’è una sola.


E voi che ne pensate di Jane Austen? Avete letto i libri della Bebris o altri libri legati a lei in qualche modo? Me ne consigliate qualcuno?

lunedì 1 settembre 2014

Tutti a Mantova!



1° settembre: una data un po’ particolare. Quando ancora ero piccola, questo giorno aveva un sapore dolceamaro: se da un lato preannunciava l’inizio della scuola, di nuove piccole responsabilità e il ritorno alla solita routine, dall’altra invece profetizzava l’avvento dell’autunno (stagione che amo particolarmente) e l’odore delle matite nuove.

Da più di quindici anni, però, il 1° settembre mi rincuora; mi fa venire in mente una stazione, un binario buffo e un bambino famosissimo, che porta con sé una bellissima civetta bianca. Se non siete in viaggio su quel treno, allora deduco che, come per me, la vostra lettera non è mai arrivata a destinazione e quindi possiamo solo accontentarci di sospirare tristemente per le mancate avventure nel mondo magico.

E se per tutti i librofili è maggio ad essere il mese dei libri, per me anche settembre ha un ruolo di tutto rispetto da questo punto di vista.
Qualche mese fa, a maggio per l’appunto, c’è stato un avvenimento molto importante a livello letterario e librario. Tutti noi, chi più chi meno, ha fatto cenno nei propri post a quel bellissimo mondo che è il Salone del Libro di Torino.
Sono stati fatti resoconti divertenti, si è parlato di incontri tra blogger e di quanto le nostre tasche siano state prosciugate dopo tre giorni di tour de force, passati con il naso sempre dietro alla copertina di un bel libro e con le mani sui nuovi cataloghi.
Ma non ci stiamo dimenticando qualcosa?
Mi meraviglia vedere che ancora nessuno ha parlato di un’altra fantastica manifestazione che si tiene proprio a inizio settembre.
Dalla Torino dei Savoia, spostiamoci di qualche chilometro verso la Mantova dei Gonzaga. Ho un debole per questa città, per la sua storia e per il suo Festivaletteratura.
Ci sono stata per la prima (e per ora unica, ahimè) volta lo scorso anno, dopo anni passati a sognare una fantomatica gita nelle sale di Palazzo Te o al Castello di San Giorgio. Ovunque ci si giri si possono respirare arte e Rinascimento (e se avete letto il post precedente, potete immaginare quanto questo mi renda felice).

Come spiegare cosa si prova ad essere al Festivaletteratura? Forse semplicemente dicendo che è senza dubbio un Paradiso per i lettori e per tutti gli amanti dei libri.
Al Festivaletteratura ti può capitare che mentre passeggi tranquillamente per strada, con la cartina in mano, magari cercando di trovare il luogo nel quale inizierà l’evento di cui hai precedentemente acquistato il biglietto, puoi incontrare Beppe Severgnini che si ferma a fare quattro chiacchiere.
Può capitare che ti imbatti in una pasticceria dove offrono la sbrisolona e va a finire che ne compri così tanta, che poi la valigia non riesce più a chiudersi e sai che all’aeroporto avrai qualche problema con il bagaglio.
Magari mentre aspetti una conferenza presieduta da Dacia Maraini (di cui hai letto “La lunga vita di Marianna Ucrìa") ti capita di vedere una fiumana di gente che attornia quell’altra famosissima scrittrice di cui non sai il nome, ma alla fine che importa? Stiamo parlando di libri, tutto è degno di attenzione!
Può capitare che prenoti un evento che ha fatto talmente tanto il boom, che alla fine tutti possono passare anche senza biglietto e allora lì un po’ ti arrabbi, ma poi pensi che tu sei seduto quasi al fresco sotto un tendone, mentre gli altri assistono non proprio impassibili sotto il sole e allora in quel momento sei soddisfatto, perché ti sei preso la tua piccola rivincita.
Può succedere che arrivi per sbaglio nell’angolo dedicato ai bambini e alla fine rimani talmente affascinato dalla lettura ad alta voce che dimentichi l’appuntamento e quindi arrivi tutto trafelato nel giardino di casa Mantegna, mentre qualcuno del pubblico dialoga con l’autore di turno.
E poi ti rendi conto che tutti i tuoi amici hanno fatto il biglietto per partecipare all’incontro con Emmanuel Carrère e allora tu ti concedi davvero quella tanto agognata visita al Palazzo Te.

Questo è (molto) in sintesi quello che è successo a me lo scorso anno, ma vi garantisco che anche il 2014 prevede tantissimi altri eventi che aspettano solo di essere scoperti. Ho sbirciato - non senza un attacco di nostalgia e invidia - la programmazione di quest’anno e molti sono i nomi di spicco. A partire da Elizabeth Strout (non ci posso credere, doveva esserci lo scorso anno), fino a passare per Stefano Benni (eh no, adesso mi arrabbio; ho una copia di “Achille piè veloce” che aspetta di essere autografata da lui), Marco Malvaldi, Michela Murgia e chi più ne ha più ne metta.
Ogni incontro - perché dovete immaginare il Festivaletteratura come una grandissima libreria a cielo aperto dove ci sono più presentazioni contemporaneamente - è un momento unico, in una città ricca di fascino.
Non voglio paragonare il Salone di Torino con il Festivaletteratura, perché sono due manifestazioni totalmente differenti, ma il Festival di Mantova non deve essere assolutamente trascurato.
Vi lascio il link della pagina, da cui potrete scaricare sia la mappa che il programma del 2014. Ci sono molte informazioni utili anche su come muoversi, dove mangiare e dove alloggiare. La manifestazione si svolgerà a partire dal 3 settembre, fino a domenica 7.
Sono sicura di non essere riuscita a dire tutto ciò che avrei voluto in merito alla bellezza del Festivaletteratura, quindi andateci di persona e poi fatemi sapere che ne pensate. 

Ho solo un punto negativo da condividere con voi: i ravioli di zucca non mi sono piaciuti per niente!


E voi siete mai stati al Festivaletteratura? Vi piacerebbe andarci? Ci sono manifestazioni simili nelle vostre città?